Gli abiti sono parte del costume di un popolo, rappresentano la capacità dello stesso di parlare di sè e mostrarsi come identità a sè stante rispetto a qualsivoglia altra cultura.
Anche le scarpe dell’immaginario moderno raccontano molto dello status sociale di chi le indossa e in una cultura tradizionale sono espressione del rapporto con le proprie radici e visioni del mondo.
La parola Cosingius, in lingua sarda, indica il paio di scarpe prodotte tradizionalmente attraverso la cucitura delle parti che la compongono. Infatti letteralmente significa “ciò che risulta dall’atto del cucire” da Cosìri / Cusìre che significa appunto Cucire più il suffisso -ngi che indica un’area semantica che individua un prodotto generico derivato da un’azione precisa.
Nonostante il termine di per sè possa sembrare semanticamente vago, esso viene utilizzato universalmente in tutta l’isola come sinonimo di scarpa cucita a mano con annesse connotazioni metaforiche.
Il proverbio “Torrai a is Cosingius bècius” ovvero “Tornare ai vecchi scarponi” significa quindi “Far emergere le conoscenze e capacità tradizionali” con chiaro riferimento al ruolo tradizionale del calzolaio, Su sabatèri, ma anche al simbolo dello stesso Cosingiu, emblema di vissuto quotidiano e di conoscenze identitarie.
La funzione della scarpa è innanzitutto quella di proteggere il piede permettendogli di muoversi con maggiore sicurezza nell’ambiente circostante. Tale funzione è plausibile si sia esplicitata nella cultura isolana sin dall’epoca Nuragica giungendo intatta sino ai nostri primi passi nel nuovo Millennio.
La fattura de is Cosingius, essendo prodotti a mano e su misura, è adattabile all’utilizzo dello specifico lavoro quotidiano di chi li indossa. Un pastore sceglierà tendenzialmente dei materiali resistenti e delle suole robuste che lo sostengano nel muoversi nei territori impervi mentre un contadino necessiterà di altrettanta resistenza con maggior flessibilità. Il tutto ovviamente contestualizzando lo specifico territorio con le sue peculiarità ambientali e culturali.
Per quanto riguarda la fine dell’Ottocento, ciò è testimoniato da Grazia Deledda nel suo “Tradizioni popolari della Sardegna”. In esso descrive gli abiti del popolo nuorese dell’epoca sostenendo che la scarpa fosse da considerarsi un elemento in uso soprattutto dal genere maschile in quanto impegnato nel lavoro quotidiano in luoghi lontani dalla casa mentre le donne lavoravano stando tendenzialmente scalze.
Dal punto di vista simbolico e archetipico si tratta di una testimonianza molto interessante in quanto evidenzierebbe il rapporto diretto con la terra e gli elementi naturali da parte del genere femminile contrapposto a un rapporto mediato da parte dell’uomo che quotidianamente tenta di proteggersi muovendosi liberamente nella gestione del territorio.
In questo senso anche l’analisi della lavorazione attraverso la cucitura ha grossa importanza. In tutte le tradizioni culturali di tutto il pianeta l’atto del cucire rappresenta la capacità dell’essere umano di creare con le proprie mani le vie del proprio destino. Nel nostro caso specifico quindi indicherebbe la capacità dell’uomo di costruire uno strumento universale che permetta il rapporto profondo con la propria terra.
Lo spago imbevuto di pece con il quale si confezionano is Cosingius è simbolo di volontà d’esistenza quindi identità che tiene salde suola e suoletta attraverso la forza de sa Sulla che buca e unisce.
Is Cosingius sono un simbolo complesso e completo della cultura sarda, un prodotto che può essere letto sotto svariati approcci e che lo connota come un simbolo universale seppur identitario dello specifico contesto sardo.
A cura di Marta Serra.