Il suono di questa parola ha origini comuni in ambito mediterraneo ed europeo poiché, con tutta probabilità, il centro etimologico è quello dell’atto dell’incidere o dello scolpire, presumibilmente in riferimento alla punta chiusa.
Perciò in francese antico è escarpe, similarmente all’inglese antico scarp, germanico skarpr, sassone scearp con radice comune in skar(p) > tagliare con interessante analogia ai verbi latini scalpere et sculpere ovvero incidere e scolpire.
In questo senso il termine scarpa indica quindi qualcosa di acuto, angolare, cuneiforme e perfino tagliente con sonorità che fanno riferimento alla sua forma, ma chiaramente anche alla lavorazione per la creazione della stessa e infine al suo utilizzo.
L’utilizzo di questo capo d’abbigliamento, che comunemente viene definito accessorio quasi come se non fosse indispensabile culturalmente e oramai biologicamente parlando, infatti affonda le radici in tempi remotissimi della storia dell’umanità.
Nel continente europeo è presente un ritrovamento risalente al 3500 a.C. in Armenia nella regione del Vajotz Dzor consistente in una calzatura in cuoio, trattata con grasso, con lacci per la chiusura e imbottitura di erbe. Anche Otzi, la cosiddetta Mummia di Similaun risalente a 5000 anni fa, ha rivelato una scarpa chiusa confezionata con corde vegetali, pelle di cervo, cuoio e imbottitura di fieno.
Nello specifico contesto sardo purtroppo non si possiedono evidenze archeologiche dirette che dimostrino l’utilizzo di scarpe nelle epoche suddette.
Proviamo però ad azzardare un’ipotesi plausibile in questo senso.
- Le recenti scoperte in ambito genetico da parte di un gruppo internazionale guidato dalla genetista Anna Olivieri dell’Università di Pavia e pubblicate sulla rivista “Molecular Biology and Evolution” evidenziano un’occupazione della Sardegna già ai tempi del Mesolitico (tra 10 mila e 8 mila a.C.) suggerendo una duplice origine genetica, una collocata nel Vicino Oriente e l’altra nell’Europa Occidentale. Evidenzia quindi che la mobilità umana attorno al mediterraneo fin dai tempi dell’ultima era glaciale ha lasciato firme ben precise delle quali sono testimoni viventi i sardi moderni.
- Nel vano 59 della casa 42 degli scavi de Su Nuraxi a Barumini si son palesati dei ritrovamenti di pezzi di calcare ritagliati a foggia di piede umano per i quali gli archeologi hanno ipotizzato il loro utilizzo come forma da scarpe.
- L’iconografia delle Statue di Mont’ e Prama e dei Bronzetti Nuragici sottolineano l’utilizzo di calzature aperte o l’assenza delle stesse in base al contesto.
- Da un punto di vista antropologico culturale, l’isola è stata immersa nell’immaginario legato ai piedi e ai calzari fin dagli albori della storia classica essendo famosa per i Greci come Ichnusa che significa isola a forma d’impronta di piede e per i Romani come Sandalia che, sulla falsa riga greca, significa isola a forma d’impronta di sandalo.
La considerazione di tutti questi elementi in chiave interdisciplinare suggerisce l’ipotesi logica per la quale sembra plausibile che gli antichi sardi avessero una struttura culturale precisa, che quindi potessero essere a conoscenza delle tecniche calzaturiere sin dal neolitico e che potessero aver avuto rapporti con altri popoli coi quali intraprendere condivisioni culturali in questo senso. In termini di struttura culturale di ambito rituale, la simbologia del piede nell’immaginario dell’alterità potrebbe rappresentare un valore aggiunto alla mitologia già presente all’interno dell’isola.
Con lo sviluppo delle civiltà umane, le scarpe furono associate alle autorità, alla proprietà, alla sessualità e allo status sociale.
Il piede rappresenta la parte del corpo sempre a contatto con la terra durante il movimento quindi l’elemento di collegamento con le energie naturali alle quali i popoli sin dai tempi più antichi davano grande peso materiale incanalandole in sequenze rituali legate alla divinità.
La scarpa è un elemento archetipico androgino perché cavo come l’utero materno ma di forma oblunga come l’organo maschile, essa rappresenta l’elsa diventata spada attraverso la presenza attiva del piede umano.
Infine importante la condizione di chi è scalzo, universalmente associato allo stato di povertà, in molte tradizioni sacre togliersi le scarpe significa rinunciare alla mondanità oppure cambiare radicalmente il senso della propria esistenza.
A cura di Marta Serra.